Gabriel debutta in nazionale il ventisette marzo del '91. A Curitiba l'Argentina incontra il Brasile in una gara amichevole. E' la nazionale di Ruggeri, Goicoechea e Caniggia. In panchina, Alfio Basile. Batistuta gioca titolare, ma non segna. Il gol del pareggio tocca a Caniggia.
Quella dei primi anni novanta era davvero un'ottima Argentina. Certo, non era quella dei Kempes e dei Passarella che vinse il mondiale nel '78, o quella di Maradona che bissò il successo a Mexico '86; il secondo posto ai mondiali italiani tuttavia, e un ciclo di 33 partite senza una sconfitta, costituivano pur sempre un ottimo biglietto da visita. Era in ogni modo la nazionale dei talenti, molti di loro o giocavano in Italia o erano destinati ad arrivarvi, anche se con fortune alterne.
La prima vittoria non si scorda mai. Gabriel vince la coppa America del '91, diventando anche capo cannoniere con sei gol in sei partite. E' questa l'affermazione che lo lancia sulla ribalta internazionale. Molti club stranieri lo vogliono, si fa sotto la Fiorentina, che alla fine riesce ad averlo. Ma torniamo alla casacca a strisce bianco-celesti.
Nel '94 l'Argentina arriva ai mondiali americani, stavolta nel gruppo c'è anche Abel Balbo, grande amico di Gabriel, che però in America divideva la camera con Caniggia. Le ambizioni argentine sembrano legittimate dalla carica di Batistuta, in cerca di riscossa dopo un campionato di serie B con la Fiorentina. Ma, soprattutto, l'America aveva restituito al calcio un Maradona in grande spolvero dopo la prima squalifica: dimagrito, tirato, quasi un ragazzino. Gabriel respira volentieri l'atmosfera della nazionale. Ai mondiali, poi, si crea un clima particolare. Chiacchierate, scherzi tra compagni, quasi come spesso avviene tra gli atleti del "villaggio olimpico". A Usa '94 l'Argentina parte bene. Contro la Grecia è "Bati-tripletta", doppietta di Caniggia invece contro la Nigeria.
Il "caso Maradona" tuttavia, ferma la corsa lanciata degli argentini. "El pibe de oro" era il capo carismatico di quella nazionale. Il fuoriclasse indiscusso, almeno sul campo. Il responso dell'antidoping fu come una mazzata: discussioni nello spogliatoio e putiferio in federazione. All'inizio si parlò di efedrina; poi di complotto. Forse non sapremo mai la verità su quello che successe. Fatto sta che Dieguito fu escluso dai mondiali e i bianco-celesti persero la forza e il mordente. La nazionale di Basile finì fuori agli ottavi ad opera della Romania: tre a due e tutti a casa.
Era tutto da rifare. Sulla panchina della rappresentativa argentina arriva Daniel Passarella. I destini del "Caudillo" e di Batistuta si incrociano nuovamente. Dopo la parentesi al River Plate i due si incontrano di nuovo in nazionale. Passarella è un duro, parte come se dovesse spaccare il mondo; la sua nazionale però non riscuote quei successi che avrebbe dovuto.
La coppa America del '95 se ne va nei quarti di finale. Il Brasile batte i biancocelesti ai rigori; Edmundo, fatalità del destino, realizza il gol del due a due e il rigore decisivo. Le qualificazioni di Francia '98 sono un calvario per Batistuta, che sta trecento giorni senza indossare la camisèta dell'Argentina. Passarella sembra non prenderlo in considerazione, ma non appena scende in campo, il bomber segna sempre. E' in questo periodo, precisamente contro il Paraguay, che Bati stacca Maradona nella classifica dei migliori cannonieri della nazionale.
Anche i mondiali francesi non sono fortunati per l'Argentina, una squadra dal gioco poco convincente, che però trova in Gabriel un realizzatore spietato. L'esclusione arriva ai quarti di finale, contro l'Olanda. Batistuta viene sostituito da Passarella, che mette in campo Crespo. Risultato: sconfitta. Crespo delude, sull'Argentina cala la bufera che porta alla destituzione del "caudillo". Il resto è storia. Batistuta è uno tra i più grandi cannonieri della nazionale bianco-celeste, ma ancora è presto per fare i conti di una vita. Perché 1999 vuol dire soprattutto Coppa America, perché nazionale vuol dire ancora futuro.