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GABRIEL BATISTUTA

     
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PRIMI CALCI

Dalle partitelle e dalla polvere del 'Lombrico', il campetto lungo e stretto dove Gabriel dette i primi calci al pallone, alla bolgia della Bombonera, lo stadio del Boca: un percorso accidentato, una strada impervia, irta, ricca di difficoltà, di tranelli, di scelte, ed inevitabilmente di fortuna. Senza la Dea bendata, è vero, si va da poche parti, ma spesso, la sorte va aiutata e alla fine, raramente, arriva chi non merita e viceversa.

E pensare che l'aspettativa di diventare calciatore e goleador Batistuta non l'ha maturata subito. Il suo sport preferito, inizialmente, era il basket. E fino a che Gabriel non ha sfondato la porta d'accesso all'Europa ed ha scalato a suon di gol i gradini dell'Olimpo, forse, non ha mai pensato di poter vivere, diventare ricco e famoso col pallone. La sua è una storia di occasioni perdute e di chance sfruttate bene, di promozioni e bocciature, di abbagli e intuizioni.

E' per pura casualità che Bati fece il suo esordio in prima squadra il 25 settembre del 1988. La scintilla era scoccata nel gennaio 1987, quando, dopo un serrato corteggiamento, un emissario dei Newell's Old Boys di Rosario, su un'auto scura, "rapì" Gabriel da Reconquista per avviarlo sulla via della gloria. Fu una scelta sofferta, incerta, ma necessaria. Anche il padre Osmar era d'accordo: era il momento di tentare. A Rosario Bati dovette confrontarsi con invidie e ostacoli, ma trovò il modo di stringere anche intense amicizie. Gabriel ebbe la fortuna di trovare un allenatore che credeva ciecamente in lui: tal Marcelo Bielsa, attuale allenatore della Nazionale argentina. Inattesa, improvvisa, la chiamata in prima squadra.

In campionato il Re Leone esordì, giocando per mezz'ora a Tucuman contro il San Martin. Il Newell's fu sconfitto per uno a zero. Il debutto vero avvenne però tre giorni dopo. A causa di un 'benedetto' infortunio al centravanti titolare Gabrich, Bati fu schierato col suo 9 sulle spalle nella semifinale di Coppa Libertadores contro il San Lorenzo. Niente gol, ma in campo lasciò il cuore. Al risveglio, sul giornale, un titolo che suonava come una premonizione: "Batistuta, una grande promessa".

Gabriel però non metteva tutti d'accordo. Campioni del calibro di Passarella e Sivori, grandissimi giocatori, pessimi intenditori, non intravedevano in lui un giocatore degno di tal nome. Entrambi però hanno dovuto ricredersi alla svelta. Passarella lo escludeva e lo discriminava ai tempi del River, e lo ha fatto purgare durante la sua gestione della Nazionale argentina, Sivori lo ha inspiegabilmente denigrato a mezzo stampa prima di cadere nel dimenticatoio. Ma Gabriel non ha mai cercato rivincite o paragoni con nessuno. Lui era Batistuta e basta: una calciatore umile, ma capace di scrivere una pagina calcistica ben più rosea dei suoi delantori. Dopo aver fatto gavetta nel Newell's Old Boys di Rosario e panchina nel River Plate, Settimio Aloisio, uno che di calcio se ne intende, con una mossa da stratega, lo fece approdare al Boca Juniors, la squadra del cuore di Gabriel, il team col quale (ha promesso) chiuderà anche la sua onorata carriera. Nel frattempo, sempre nel 1989 e sempre per merito di Settimio Aloisio, Batistuta fece la sua prima esperienza italiana al torneo di Viareggio con il Deportivo. Dopo aver pareggiato col Milan (il dodicesimo era Francesco Toldo), Gabriel brillò contro il Cska di Sofia realizzando una tripletta. L'avventura del Deportivo si concluse ai calci di rigore contro il Torino. L'errore decisivo fu proprio di Bati che festeggiò nel peggiore dei modi il suo ventesimo compleanno. In una domenica di riposo del torneo i dirigenti del Deportivo portarono i ragazzi argentini a vedere una vera partita di calcio: Fiorentina-Roma. Gabriel fu colpito dalla straordinaria cornice di pubblico, dal calore di quei tifosi che sventolavano vessilli viola.

Quel giorno non poteva neppure immaginare che nel breve volgere di due anni quei tifosi sarebbero stati per sempre i suoi....


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